Il principio di funzionamento del «foro stenopeico» è molto semplice e fu Leonardo Da Vinci [ 1500 circa ] il primo scienziato ad accostare la «camera oscura», che sul foro stenopeico si basa, all’ occhio umano e al suo funzionamento.
Secondo le interpretazioni piú in voga oggigiorno (terzo millennio dopo Cristo) il foro stenopeico lascerebbe passare solamente una parte dei raggi luminosi, eliminando quelli piú obliqui. In questo modo, la quantità di luce diminuisce, ma la «profondità di campo», e cioè la quantità di nitidezza del campo visivo, aumenta. Gli oggetti che prima erano «fuori fuoco» ora diventano maggiormente nitidi, sebbene piú scuri.
Applicato davanti all’ occhio, mediante una conformazione «a reticolo piramidale», il foro stenopeico elimina la gran parte dei raggi obliqui, quelli che apparentemente causano i “cerchi diffusivi” sulla rètina e che sono alla base dell’ errore di messa a fuoco, facendo passare solamente quelli piú paralleli. Se un raggio è «parallelo», non ha bisogno di essere «messo a fuoco», e quindi giunge nitido sulla superficie della rètina, contribuendo a togliere il fastidio che gli oggetti fuori fuoco causano a chi li guarda.
Nell’ immagine a sinistra è illustrata la condizione dell’ occhio miopico, in cui l’ elongazione del bulbo è eccessiva e i raggi paralleli provenienti dagli oggetti distanti vengono messi a fuoco in un punto davanti alla rètina, sulla quale invece si forma il cosiddetto “cerchio diffusivo”.
Nell’ immagine a destra abbiamo applicato un «foro stenopeico» che elimina parte dei raggi, lasciando passare solamente quelli piú paralleli. Sulla rètina giungono quindi i raggi che non creano cerchi diffusivi e sono sempre nitidi.